Arte Estetica Mente Sostenibile

Arte
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.L'arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana - svolta
singolarmente o collettivamente - che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni, per cui le espressioni artistiche, pur puntando a trasmettere "messaggi", non costituiscono un vero e proprio linguaggio, in quanto non hanno un codice inequivocabile condiviso tra tutti i fruitori, ma al contrario vengono interpretate soggettivamente. Alcuni filosofi e studiosi di semantica sostengono però che esista un linguaggio oggettivo che prescinda dalle epoche e dagli stili e che dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti, pur se gli sforzi per dimostrare questa affermazione sono finora stati infruttuosi.
L'arte può essere considerata anche sotto l'aspetto di una professione di antica tradizione svolta nell'osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo. In questo senso, le professioni artigianali - quelle cioè che afferiscono all'artigianato - discendono spesso dal Medioevo, quando furono in qualche modo sviluppate come attività specializzate e gli esercenti arti e mestieri vennero riuniti nelle corporazioni. Ogni arte aveva una propria tradizione, i cui concetti fondamentali venivano racchiusi nella regola dell'arte, cui ogni artiere doveva conformarsi.
Indice
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1 Evoluzione storica del concetto di arte
2 Discipline artistiche
3 Note
4 Voci correlate
5 Altri progetti
6 Collegamenti esterni

Evoluzione storica del concetto di arte

Analizzando la storia del concetto di arte vediamo che nel corso del tempo esso subisce una trasformazione graduale ma radicale.
Antichità: Sanscrito Are (ordinare) Latino: Ars, Greco: Τέχνη indica la capacità umana di fare un qualsiasi oggetto. La capacità consiste nella conoscenza delle regole. Che cosa intendessero per "arte" gli antichi può essere compreso se si pensa alle nove Muse, che proteggevano e personificavano le diverse arti. Nell'elenco, in cui curiosamente mancano le arti figurative come la pittura e la scultura, sono invece rappresentate soprattutto le arti dello spettacolo: la danza (Tersicore), la tragedia e la commedia (rispettivamenteMelpomene e Talia), il mimo (Polimnia), nonché i vari tipi di poesia, che nell'antichità, anche se scritta, era destinata soprattutto ad essere declamata o cantata: epica (Calliope), amorosa (Erato) e lirica (Euterpe). Sono inoltre comprese tra le "arti" protette dalle muse due discipline che noi oggi comprendiamo invece tra le scienze: la Storia (Clio) e l'Astronomia (Urania).
Nel periodo ellenistico iniziarono le prime classificazioni e le arti vennero divise in comuni e liberali, a seconda che richiedessero uno sforzo fisico o uno sforzo intellettuale.
Nel Medioevo si cominciano a rivalutare le arti comuni, che verranno chiamate meccaniche, ma continueranno ad avere un ruolo subalterno rispetto alle arti liberali. Dalle arti "meccaniche" vennero escluse diverse di quelle che noi oggi chiamiamo "belle arti", come la pittura e la scultura; le arti liberali e meccaniche erano state ridotte al numero di sette, e tra quelle che richiedevano lo sforzo fisico, si annoveravano soltanto le arti che miglioravano la vita dell'uomo, che lo nutrivano, lo riparavano dalle intemperie, ovvero quelle arti il cui punto peculiare era l'utilità quanto la piacevolezza. Si conoscono, di queste arti meccaniche medievali, due elenchi di riferimento: quelli di Ugo di San Vittore e Rodolfo di Longo Campo.
La poesia non rientra ancora nell'ambito concettuale dell'arte finora indicato, in quanto il poeta era considerato un vate che componeva i versi ispirato dal Dio. Non esisteva la regola nelle composizioni poetiche, almeno per quanto riguarda il contenuto. A fornire il contributo essenziale affinché la poesia venisse considerata un'arte fu Bernardo Segni che nel 1549 tradusse in volgare la Poetica di Aristotele, opera in cui lo Stagirita già annoverava la poesia tra le altre arti.
La condizione sociale degli artisti, che migliorò notevolmente nel corso del Rinascimento, contribuì a separarli dagli scienziati e dagli artigiani.
Nel 1735 Baumgarten conia il termine estetica utilizzandolo per la prima volta nella propria tesi di laurea. Nel 1750 pubblicherà un saggio intitolato Æsthetica.
Charles Batteux nel 1746 definisce, nel suo libro Le belle arti ridotte ad un unico principio[1], il sistema delle belle arti, indicando cinque arti in senso proprio - la pittura, la scultura, la poesia, la musica, la danza - a cui associava due arti connesse - l'eloquenza e l'architettura - il cui carattere comune risiedeva nell'imitazione della realtà per il fine di creare oggetti belli.
Dalla fine del Settecento cominciarono le prime crisi del concetto di bello e di arte. Stavano nascendo nuove forme di espressione come la fotografia, l'architettura industriale, l'oggettistica per la casa, e bisognava farle rientrare nel concetto di arte.
Per tale motivo nel Novecento si è abbandonata l'idea di una definizione onnicomprensiva di arte e di opera d'arte. Il termine arte diventa un concetto aperto, in cui tutte le possibili definizioni dell'arte confluiscono.
Il Novecento si fa portavoce della crescita intimista portata avanti dai pensatori del secolo precedente, ma rinnova le necessità più interiori dell'artista e si fa portavoce dell'innovazione tecnica, di cui i nuovi materiali (il ferro e gli elementi prefabbricati) sono gli elementi fondamentali.
La nuova architettura deve essere il segno del rinnovamento culturale e sociale, per questo si procede ad una omogeneità dei caratteri della nuova costruzione architettonica, si stabilisce un carattere nuovo, uno “stile moderno”.
All'interno del “Modernismo” si riassumono ed interagiscono le correnti artistiche che nei precedenti due decenni interpretano ed affiancano lo sforzo progressivo della civiltà industriale.
Quando all'entusiasmo per il progresso industriale segue la consapevolezza della trasformazione che opera nelle strutture della vita e della società, attorno al 1910, all'interno del “Modernismo”, si formano le “avanguardie” artistiche con l'obiettivo di mutare le modalità e le finalità dell'arte.
Discipline artistiche

Performative art
Teatro
Danza
Musica
Arti visive
Pittura
Fotografia
Incisione
Computer grafica
Arte tessile, arazzo, ricamo
Videoarte
Arti plastiche
Architettura
Land Art
Origami
Scultura
Cinema
Letteratura
Arti concettuali
Arte postale
Arte di relazione
Una possibile suddivisione delle arti, sebbene non le includa tutte, è quella storica delle "sette arti":
Architettura
Musica
Pittura
Scultura
Poesia
Danza
Cinema
Un'altra possibile suddivisione delle arti, basata sui sensi umani, è la seguente:
Arti visive-tattili
Pittura
Scultura
Costruzione architettonica
Capo d'abbigliamento
Arte tessile (arazzo, Fiber art, Ricamo)
Arti foniche
Tramite corpo umano
Canto (musica)
Dizione
Tramite strumenti musicali
Musica
Arti audiovisive
Arti figurali
Scrittura
Prosa
Poesia
Sceneggiatura
Fotopoiete
Fotografia
Cinematografia
Multivisione
Disegno
Disegno architettonico
Design
Arte sequenziale
Fumetto
fotoromanzo
Arte drammatica
Teatro
Televisione
Tramite corpo umano
Danza
Arti gustative
Cucina
Preparazione di cocktail
Arti olfattive
Profumeria
Arti sperimentate
Applicazioni della Scienza (Tecnologia)
Le opere d'arte (nel senso fisico-materiale) che derivano dalle varie categorie artistiche potrebbero essere diversamente raggruppate in base alla loro staticità o evoluzione relativa nel tempo ad esempio:
Arti 'statiche'
Scultura
Pittura
Architettura
Prosa
Poesia
Fotografia
Fumetto
Design
Arti 'dinamiche'
Musica
Canto
Drammaturgia
Danza
Cinematografia
Note

^ Les Beaux-Arts réduits à un même principe, 1746
[modifica]Voci correlate

Albo degli artisti italiani ed europei
Beni culturali
Creatività
Gioielleria
Legislazione italiana dei beni culturali
Lirica
Moda (cultura)
Musei del mondo
Restauro

Estetica
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L'estetica è un settore della filosofia che si occupa della conoscenza del bello naturale e artistico, ovvero del giudizio di gusto.
Il filosofo tedesco Alexander Gottlieb Baumgarten scrisse Aesthetica in latino nel 1750, ma il termine era stato coniato nel 1735 nella sua tesi di laurea intitolata "Meditazioni filosofiche su argomenti concernenti la poesia". La parola aesthetica ha origine dalla parola greca αἴσθησις che significa sensazione e dalla parola αἰσθάνομαι che significa percezione mediata dal senso. Originariamente l'estetica infatti non è una parte a sé stante della filosofia, ma semplicemente l'aspetto della conoscenza che riguarda l'uso dei sensi.
Immanuel Kant tratta dell' "estetica trascendentale" nella Critica della ragion pura come teoria della conoscenza, basata sulle funzioni trascendentali. Riprende il termine estetica nella Critica del giudizio (Kritik der Urteilskraft) nel 1790, dove a proposito del "giudizio estetico" espone la sua teoria sul bello soggettivo e su quello naturale (oggettivo) che si esprime nel sentimento del sublime.
Indice

1 Storia
1.1 Grecia ed ellenismo
1.2 Nascita dell'estetica
2 Personalità importanti e loro opere
2.1 L'estetica in Italia
3 Bibliografia
4 Voci correlate
[modifica]Storia

[modifica]Grecia ed ellenismo
La civiltà greca fu forse il primo ambito culturale nel quale le attività artistiche, come noi moderni le concepiamo, acquistarono una loro definizione, tale da distinguerle dalle comuni attività della vita sociale. Il termine usato per la produzione di oggetti artistici era il generico techné, inteso come ogni operazione dell'uomo tesa a modificare e trasformare le cose di natura, e più in generale tutto ciò che era qualificabile come artificio non naturale. In tal senso anche la furbizia e la frode potevano essere considerate delle technai e soltanto abbastanza tardi venne coniato lo specificativo technai eleutherioi. Ma la techné si esprimeva anche come un "fare" umano al di fuori delle esigenze quotidiane, e in tal senso era il verbo poiein ad indicarlo, e il derivato poiesis l'attività artistica in generale. All'interno delle technai eleutherioi vennero a poco raccolte tutte quelle forme espressive concernenti l'arte (quali architettura, scultura, pittura), quelle letterarie e quelle dello spettacolo. Le olimpiadi' erano le occasioni in cui sia i professionisti e sia intellettuali dilettanti potevano cimentarsi nelle attività da esse previste oltre a quelle sportive.
Per Platone arte e scienza vanno valutate sullo stesso piano in quanto tentativi di rappresentazione dell'idea del bello nel primo caso, della verità nel secondo. Platone però non accettò l'arte tra le discipline di educazione sociale perché incita la passione invece di disciplinarla. Inoltre l'arte, vista come tentativo di imitazione della natura, ne è solo una incompleta rappresentazione che non può tendere all'idea del bello.
Per tutta l'antichità e per molti secoli a venire, l'arte in tutta la sua produzione fu imitazione della natura. Aristotele, nella sua Poetica, ne evidenziò il rapporto, indicando come da questa attività l'uomo tragga insegnamento e diletto.
Aristotele evidenziò invece come la creazione dell'opera d'arte permette la materializzazione dell'idea e quindi la sua manifestazione. Quest'idea è però scaturita esclusivamente dalla mente dell'artista e non può essere equiparata alla concezione platonica di bellezza assoluta.
Ultimo tentativo di rilievo che portò la teoria dell'arte fino al Medioevo è quello di Plotino, che ristabiliva il collegamento tra opera d'arte e regno delle idee, supponendo una visione interiore già espressa anche da Platone, che permette all'artista di attingere da una forma ideale del bello verso la rappresentazione materiale. Anche questo tentativo portò comunque al conflitto per cui la bellezza assoluta non può essere contaminata dalla materia dell'opera prodotta, evidenziando ulteriormente il valore negativo del procedimento artistico.
[modifica]Nascita dell'estetica
L'estetica nacque "ufficialmente" nel 1750 con la pubblicazione del libro "Aesthetica" da parte di Alexander Gottlieb Baumgarten, e da questi intesa come "scienza del Bello, delle arti liberali e gnoseologia inferiore, sorella della Logica". In pratica, preposta allo studio dei concetti di Bello come categoria a sé stante e con propri criteri di valore; delle arti liberali, ovvero delle attività oggi definite come artistiche, ad esempio la pittura o la danza; infine, "gnoseologia inferiore" in quanto intesa come studio delle percezioni sensibili, della conoscenza ottenibile attraverso i sensi opposta e complementare a quella ottenibile attraverso la mente: il termine greco "aisthesis", difatti, indica le informazioni ricevute attraverso i sensi e il corpo, e da questo termine Baumgarten deriverà il neologismo "aesthetica".
L'estetica illuminista trova in Denis Diderot l'abbandono degli schemi idealistici, e il senso estetico e la bellezza divengono per lui il frutto di un “rapporto” tra l’oggetto artistico e chi lo percepisce con la propria sensibilità individuale. In questo modo l' “estetico” non è più l’oggetto in sé, ma il “rapporto” soggetto-oggetto. Questo rapporto ha delle tipologie estremamente variabili, pluralistiche, non prive di casualità. Sono perciò tali rapporti a fondare il bello in generale, mentre ogni singolo bello particolare (di ogni oggetto artistico) non è riferibile ad alcuno degli schemi codificati di bellezza. Nel Traité du Beau Diderot precisa il suo pensiero relativamente al “bello” con un’ulteriore relativizzazione, conferendo una base filosofica all’estetica che è lontana sia dal sensismo puro e sia dall’astrazione intellettualistica.
Immanuel Kant scrisse uno dei libri più importanti sull'estetica, la "Critica del giudizio" (Kritik der Urteilskraft) nel 1790, ma per Kant l'estetica si limita alla percezione sensoriale, di cui spazio e tempo sono condizioni irrinunciabili.

Personalità importanti e loro opere

Aristotele
"Poetica" (Περι ποιεητικες)
Giambattista Vico
"Princìpi di Scienza nuova d'intorno alla comune natura delle nazioni"(1744)
Alexander Gottlieb Baumgarten
"Aesthetica" (1750)
Edmund Burke
"Un'indagine filosofica sull'origine delle nostre idee di Bello e Sublime" (A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime and Beautiful, 1757)
Immanuel Kant
"Critica del giudizio" (Kritik der Urteilskraft, 1790)
Friedrich Schiller
"Kallias o sulla bellezza" (Kallias oder Über die Schönheit, 1794)
"L'educazione estetica dell'uomo in una serie di lettere", 1795
"Sulla poesia ingenua e sentimentale" (Über naive und sentimentalische Dichtung, 1795)
Friedrich Schelling
"Sistema dell'idealismo trascendentale" (System des traszendentalen Idealismus, 1800)
Johann Gottfried Herder
"Calligone" (Kalligone, 1800)
Georg Wilhelm Friedrich Hegel
"Estetica" (Vorlesungen über die Ästhetik)
Arthur Schopenhauer
Il mondo come volontà e rappresentazione (Die Welt als Wille und Vorstellung, 1818)
Ralph Waldo Emerson
"Natura, (1836)", "Arte (1842)", "Il poeta (1844)", "Maniere (1844)", "Bellezza (1860)"
Friedrich Nietzsche
"La nascita della tragedia dallo spirito della musica" (Die Geburt der Tragödie aus dem Geiste der Musik, 1872)
Benedetto Croce
"Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale", 1902
Walter Benjamin
"L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" (Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, 1936-37)
Theodor W. Adorno
"Filosofia della nuova musica" (Philosophie der neuen Musik, 1949)
"Teoria estetica" (Ästhetische Theorie, 1970)
Cvetan Todorov
"La letteratura fantastica" (Introduction à la littérature fantastique, 1970)
Maurice Merleau-Ponty L'occhio e lo spirito
[modifica]L'estetica in Italia
Benedetto Croce
Adelchi Baratono
Dino Formaggio
Luciano Anceschi
Antonio Banfi
Luigi Pareyson
Emilio Garroni
Sergio Givone
Giambattista Vico
Mario Perniola
Giorgio Agamben

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Mente
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Il termine mente è comunemente utilizzato per descrivere l'insieme delle funzioni superiori del cervello e, in particolare, quelle di cui si può avere soggettivamente coscienza in diverso grado, quali la ragione, la memoria, l’intuizione, la volontà, la sensazione e l’emozione. Sebbene molte specie animali condividano con l’uomo alcune di queste facoltà, il termine è di solito impiegato a proposito degli esseri umani.
All'utilizzo in senso tecnico neurofisiologico si è anche affiancato un utilizzo di tipo metafisico. In tale prospettiva la Mente diventa qualche cosa di divino e tale presunta entità sovrannaturale, come ad esempio nell’espressione "la mente di Dio", assume qualità pensanti che alludono a un mente superiore com'era il Dio di Spinoza.
Indice
1 Teorie della mente
2 Natura della mente
3 Storia della filosofia della mente
4 Il punto di vista Buddhista
5 Modelli mentali
5.1 Modelli psicoanalitici
5.2 Modelli filosofici
5.3 Modelli cognitivisti
6 Frasi fatte e accostamenti di uso frequente con la parola mente
7 Note
8 Voci correlate
9 Altri progetti
10 Collegamenti esterni

Teorie della mente

Esistono diverse teorie sulla costituzione della mente e sul suo funzionamento, risalenti a Platone, Aristotele e ad altri filosofi dell’Antica Grecia. Alcune teorie prescientifiche, radicate nella teologia, sono focalizzate sulla relazione tra mente ed anima (la presunta essenza sovrannaturale delladivinità presente in ogni uomo). Teorie più moderne sono invece basate su una comprensione scientifica del cervello, vedono la mente come fenomeno psicologico. Il termine viene in generale utilizzato più o meno come sinonimo di coscienza.
La discussione intorno a quali attributi umani costituiscano la mente è ancora molto accesa. Alcuni sostengono che soltanto le più "alte" funzioni intellettive costituiscano la mente: in particolare, la ragione, l'intuizione, l'intenzionalità e la memoria. In questa prospettiva le emozioni – l’amore, l’odio, la paura, la gioia – avrebbero una natura più "primitiva" e soggettiva e andrebbero pertanto ben distinte dalla natura della mente. Altri sostengono invece che l’aspetto razionale di una persona non può essere distinto da quello emotivo, che essi condividono dunque la stessa natura, e che vanno entrambi considerati come appartenenti alla mente dell’individuo.
Correlata a tale questione, relativa alla qualificazione delle funzioni cerebrali, sta anche quella della loro collocazione all'interno dell'encefalo, ovvero come e dove le facoltà mentali siano riferibili alla struttura del cervello stesso. La questione riguarda una disciplina fiorita nel XIX secolo e allora molto di moda, la frenologia, oggi perlopiù superata con le più recenti scoperte. Infatti, se è vero che in linea di massima certe funzioni mentali sono localizzate in determinate aree del cervello umano, è altrettanto vero che al danneggiamento di certe aree cerebrali può corrispondere un trasferimento funzionale ad altre aree.
In ogni caso la neurofisiologia moderna individua le facoltà mentali prevalentemente come "funzioni" che possono coinvolgere anche più aree cerebrali, quantunque sia certamente la corteccia quella dove risiedono le facoltà più elevate.
Impropriamente il termine mente è utilizzato spesso come sinonimo di pensiero: quella “conversazione privata” con se stessi che ciascuno conduce "all’interno della propria testa" durante ogni istante della vita. Uno degli attributi fondamentali della mente, in questo senso, è il suo essere una sfera privata. Nessuno può leggere i pensieri di un altro.

Natura della mente

I filosofi e gli psicologi restano divisi circa la natura della mente. Alcuni, partendo dalla cosiddetta prospettiva sostanzialista, sostengono che la mente sia una entità singola, avente probabilmente il proprio fondamento nel cervello ma essenzialmente distinta da esso, ed avente esistenza autonoma. Questa prospettiva, facente capo a Platone, è stata successivamente assunta all’interno del pensiero cristiano. Nella sua forma estrema, la prospettiva sostanzialista mette insieme con la prospettiva teologica il fatto che la mente sia un’entità completamente separata dal corpo, una manifestazione fisica dell’anima, e che essa sopravviva alla morte del corpo e ritorni a Dio, suo creatore.
Altri ancora assumono la prospettiva funzionalista, facente capo ad Aristotele, la quale sostiene che la mente è soltanto un termine utilizzato per motivi di comodità ai fini della rappresentazione di una moltitudine di funzioni mentali che hanno poco in comune tra loro, tranne il fatto che gli uomini sono coscienti della propria esistenza. I funzionalisti tendono a sostenere che gli attributi che denominiamo collettivamente “mente” sono strettamente legati alle funzioni del cervello e non hanno esistenza autonoma rispetto a questo – né possono quindi sopravvivere alla sua morte. In questa prospettiva la mente è una manifestazione soggettiva della coscienza: nient’altro che la facoltà del cervello umano di essere cosciente della sua stessa esistenza. Il concetto della mente è quindi un mezzo tramite il quale il cervello cosciente comprende le sue stesse operazioni.

Storia della filosofia della mente

Un esponente di spicco della prospettiva sostanzialista è stato George Berkeley, vescovo anglicano e filosofo del XVIII secolo. Berkeley sosteneva che la materia non esiste, e che ciò che gli uomini percepiscono come mondo materiale non è nient’altro che un’idea nella mente di Dio, e che quindi la mente umana è una pura manifestazione dell’anima. Sono pochi i filosofi disposti oggi ad accettare una prospettiva così estrema, ma l’idea che la mente umana abbia una natura o un’essenza diversa e più alta del mero insieme delle operazioni del cervello, continua ad incontrare un largo consenso.
La dottrina di Berkeley è stata attaccata (e secondo molti demolita), da T.H. Huxley, biologo del XIX secolo, allievo di Charles Darwin, che sostenne i fenomeni della mente essere di un unico genere, e spiegabili esclusivamente a partire dai processi cerebrali. Huxley è vicino a quella scuola di pensiero materialista della filosofia inglese facente capo a Thomas Hobbes, che sosteneva nel XVII secolo che ogni evento mentale ha il suo fondamento fisico, sebbene le conoscenze biologiche dell’epoca non gli consentissero di individuare con precisione tali basi fisiche. Huxley conciliò la dottrina di Hobbes con quella di Darwin, dando così luogo alla moderna prospettiva materialista (o funzionalista).
Questa linea di pensiero è stata rinvigorita dalla costante espansione della conoscenza circa le funzioni del cervello umano. Nel XIX secolo non era possibile affermare con certezza in che maniera il cervello svolga certe funzioni quali ad esempio la memoria, l’emozione, la percezione e la ragione, e ciò lasciava ampio spazio alle teorie sostanzialistiche e metafisiche della mente. Ma ogni progresso nello studio del cervello rendeva queste posizioni sempre meno salde, fino al punto in cui è diventato innegabilmente chiaro che tutte le componenti della mente hanno la propria origine nel funzionamento del cervello.
Il razionalismo di Huxley, in ogni caso, è stato scosso all’inizio del XX secolo dalle idee di Sigmund Freud, che sviluppò una teoria dell’inconscio, sostenendo che i processi mentali di cui gli uomini sono soggettivamente coscienti non costituiscono che una piccola parte dell’intera attività mentale. Tale teoria può anche essere considerata come una ripresa dell’idea sostanzialistica in chiave secolare. Sebbene Freud non abbia mai negato che la mente sia una funzione del cervello, sostenne che la mente ha una coscienza sua propria della quale non siamo coscienti, che non possiamo controllare e alla quale è possibile accedere solo tramite la psicoanalisi (ed in particolare tramite l’interpretazione dei sogni). La teoria dell’inconscio di Freud, sebbene impossibile da dimostrare empiricamente, e quindi tutt'altro che dimostrata scientificamente, è stata ampiamente assorbita nella cultura occidentale ed ha fortemente influenzato la rappresentazione comune della mente.
Da non dimenticare nemmeno come è vista la mente nel pensiero filosofico orientale, specie quello buddhista, secondo cui la mente non è un'entità, e nemmeno un sistema che esercita funzioni, ma piuttosto un processo e quindi è definita anche come "mentare". La mente (o "il mentare") secondo tale pensiero è un ponte tra anima (parte eterna dell'individuo) e corpo (parte mortale dell'individuo), a questo è dovuto il suo "irrequieto" movimento per unire due parti impossibili da unire tra loro, ossia l'assoluto e la morte. Tali concetti sono spiegati con più precisione in vari testi di Osho.

Il punto di vista Buddhista

Secondo il Buddhismo, la mente è un flusso di singoli istanti di esperienza consapevole e chiara. Nella sua condizione non illuminata, la mente esprime le proprie qualità quali pensieri, percezioni e ricordi grazie alla consapevolezza. La sua vera essenza illuminata è libera dall’attaccamento ad un sé e si sperimenta inseparabile dallo spazio come consapevolezza aperta, chiara ed illimitata

Modelli mentali

In epoca moderna la complessità delle funzioni mentali ha indotto antropologi, psicoanalisti, filosofi e neurofisiologi a cercare di individuare strutture mentali a cui attribuire le diverse categorie funzionali di pensiero. Il principio di partenza è stato quello di considerare il pensiero come un prodotto del lavoro dei neuroni e delle sinapsi.

Modelli psicoanalitici
I primi modelli mentali noti sono certamente quelli prodotti dagli psicoanalisti a cominciare da Sigmund Freud, che nelle diverse sue elaborazioni, sviluppate nella sua lunga attività, ha apportato mutamenti abbastanza importanti. Ad esempio se nel primo modello l'inconscio era l'insieme delrimosso, nella sostituzione con l'Es il rimosso diventa il prodotto di una "funzione" mentale, quale è appunto l' Es. Nasce così un modello abbastanza differente dal precedente Inconscio/Preconscio/Conscio, perché quello Es/Io/Super-Io si presenta come una vera e propria struttura mentale, estesa tra irrazionalità e razionalità, e sposta la psicoanalisi freudiana dal livello puramente analitico-terapeutico a quello filosofico.
Alfred Adler non modifica sostanzialmente il modello freudiano ma lo arricchisce di elementi etici e sociologici che nel collega viennese erano abbastanza assenti. Coglie nell'istinto di autoaffermazione e sopraffazione dell'altro una spinta all'aggressività come la più importante pulsione psichica. Facendo questo Adler va in senso opposto alla modellizzazione pluralistica, tendendo a fare della mente umana un'unità funzionale. Carl Gustav Jung è colui che più radicalmente modifica il modello freudiano, in senso metafisico e pluralistico.
Per Jung la mente, divisa in inconscio e io cosciente, viene a concentrasi cul concetto di individualità personale che questo comporta. Un'individualità personale però piuttosto complessa, in quanto l'io ha dei "compagni", ed essi sono: la persona, l'ombra, l'anima-animus e il sé. In L'anima e la vitaegli concepisce la mente come una dimora dove più funzioni si connettono a determinare ciò che è una certa personalità psichica, con l"io" nel suo centro circondato da una specie di corte di funzioni collaboratrici. La persona è vista come uno scudo dell'io verso il mondo esterno, per l'esattezza "un compromesso tra l'io e la società". La ombra è il lato oscuro dell'individualità ed è quindi un compagno visto come negativo. La anima-animus evoca un poco la dualità yin/yang taoista ed è insieme l'elemento maschile e quello femminile che ci sono in ognuno di noi. Il sé, infine è il fondo remoto da cui è nato l'io, la sua origine. Un sé è umano ma può anche essere visto come il ricettacolo di uno spirito divino.
L'importanza storica dei modelli psicoanalitici sta nell'aver smesso di considerare la mente come una struttura unitaria ma come un insieme articolato, dove le singole funzioni che fanno il lavoro mentale sono sicuramente connesse, ma non sempre univoche. E ciò non solo per le dinamiche psicopatologiche dissociative ben note alla clinica; lo studio dell'articolazione delle funzioni mentali è peraltro presente nelle più avanzate ricerche messe in opera dalle scienze cognitive, costrette ad ammettere la complessità della mente e la probabile impossibilità di assimilare del tutto il cervello umano ad un computer.
Modelli filosofici
Il concetto di mente nasce nel XVII secolo con la divisione da parte di Cartesio dell'uomo in corpo (res extensa) e mente come sede del pensiero (res cogitans). La separazione della sostanza che pensa da quella che esplica le funzioni vitali ha la sua ragion d'essere nella diversità funzionale, ma Cartesio ne fa una questione metafisica gravida di conseguenze. In ogni caso la dicotomizzazione fa sì che il corpo resti una evidente struttura polifunzionale, fatte salve le importanti componenti olistiche, mentre la mente fatta coincidere col pensiero diventa qualche cosa di immateriale che fa tutt'uno e con la funzione del pensare e con ciò che produce, cioè il pensiero. Separata dal corpo la mente diventa come pensiero un'entità immateriale ed astratta e nondimeno testimone della realtà dell'"existo" in ragione del "cogito".
John Locke sviluppa una fondamentale analisi del pensiero intelligente come produttore di idee, ma la sua attenzione si sofferma su queste e non sulla macchina che le produce. Alla fine la sua è una interessante analisi delle tipologie delle idee per come sono, si formano, si coniugano verso il sempre più complesso con i suoi correlati, ma si occupa scarsamente delle modalità con cui si producono le differenze cogitative in senso funzionale e quindi in riferimento alla struttura mentale.
Immanuel Kant ha una visione piuttosto unitaria della mente col corpo attraverso una sintesi che è ad un tempo razionalistica ed empiristica, quindi in senso contrario alla dicotomia cartesiana. Ma da lì in poi subentrano nell'analisi della mente discipline nuove nate dalla medicina e verso la fine del Settecento il salto di qualità si ha con Pierre Cabanis il medico-filosofo che può esser considerato il fondatore della psicologia.
A partire dalla fine del secolo XX l'indagine sulla mente si frammenta e lo psicoanalista e filosofo Umberto Galimberti individua una dozzina di nuove discipline che si occupano della mente: elementarismo, funzionalismo, associazionismo, comportamentismo, cognitivismo, psicologia della forma (Gestalt), fenomenologia, psicologia dell'Atto, psicoanalisi, psicologia sistemica, psicologia sociale, fisicalismo.[1] Tutte queste discipline vengono a coniugarsi con la filosofia perché tutte, dal più al meno, da essa implicate.
Modelli cognitivisti
Il dibattito circa la natura della mente attiene soprattutto allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Se verrà scoperto che la mente è davvero qualcosa di separato (ovvero di più alto) dal funzionamento del cervello, quasi sicuramente sarà per sempre impossibile che una macchina, per quanto sofisticata, possa riprodurla. D’altro canto, se si scoprirà che la mente non è altro che un insieme di funzioni cerebrali correlate, sarà allora possibile – almeno in teoria – creare una macchina dotata di una mente.
La “Mind/Brain/Behavior Interfaculty Initiative (MBB)” intrapresa dalla università di Harvard ha lo scopo di mettere in luce la struttura, la funzione, l’evoluzione, lo sviluppo e la patologia del sistema nervoso in relazione al comportamento umano e alla vita della mente. Ciò in collaborazione con i dipartimenti di psicologia, neurobiologia, neurologia, biologia molecolare e cellulare, radiologia, psichiatria, biologia degli organismi e dell’evoluzione, storia delle scienze e linguistica.

Frasi fatte e accostamenti di uso frequente con la parola mente

Cercare nella propria mente
Tenere a mente
A mente fresca
Venire in mente/Tornare in mente
Fare mente locale
Essere una mente
Le grandi menti
La mente comune
Mente contorta
Mentalmente
Menzionare
Mentire
Funzionamento mentale
]Note

^ U. Galimberti Enciclopedia di Psicologia, Garzanti 1999, pag. 643
Voci correlate

scienze cognitive
filosofia della mente
intelligenza artificiale
mente inconscia
psicoanalisi
psicologia
Buddhismo
carattere soggettivo dell'esperienza
coscienza
coscienza artificiale
coscienza simulata

Sostenibilità
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La sostenibilità è la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente.
In anni recenti questo concetto è stato applicato più specificamente agli organismi viventi ed ai loro ecosistemi. Con riferimento alla società tale termine indica un "equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti senza compromettere la possibilità delle future generazioni di sopperire alle proprie" (Rapporto Brundtland del 1987).
Il termine, nel suo impiego nell'ambito ambientale, si riferisce alla potenziale longevità di un sistema di supporto per la vita umana, come il sistema climatico del pianeta, il sistema agricolo, industriale, forestale, della pesca, e delle comunità umane che in genere dipendono da questi diversi sistemi. In particolare tale longevità è messa in relazione con l'influenza che l'attività antropica esercita sui sistemi stessi.
Il termine trae la sua origine dall'ecologia, dove indica la capacità di un ecosistema di mantenere processi ecologici, fini, biodiversità e produttività nel futuro. Perché un processo sia sostenibile esso deve utilizzare le risorse naturali ad un ritmo tale che esse possano essere rigenerate naturalmente. Sono emerse oramai chiare evidenze scientifiche che indicano che l'umanità sta vivendo in una maniera non sostenibile, consumando le limitate risorse naturali della Terra più rapidamente di quanto essa sia in grado di rigenerare. Di conseguenza uno sforzo sociale collettivo per adattare il consumo umano di tali risorse entro un livello di sviluppo sostenibile, è una questione di capitale importanza per il presente ed il futuro dell'umanità. Il concetto viene spesso utilizzato nell'ambito dell'economia dello sviluppo per analizzare processi economici. Il concetto di sostenibilità economica è alla base delle riflessioni che studiano la possibilità futura che un processo economico "duri" nel tempo.
Indice

1 Definizione
2 Storia
3 Voci correlate
4 Altri progetti
5 Collegamenti esterni
Definizione

Sostenibilità può essere contemporaneamente un'idea, uno stile di vita, un modo di produrre. Per alcune persone è poco più che una vacua parola in voga. Sebbene la definizione di sviluppo sostenibile data dalla Commissione Brundtland (qui adottata) sia quella più ampiamente condivisa, essa non è plenariamente condivisa e quindi spesso sottoposta a differenti interpretazioni. È difficile dare la definizione di sistema sostenibile poiché esso ingloba in sè la totalità delle attività umane. Come "Giustizia" o "Libertà" è un concetto sfaccettato che può essere quindi definito solo nell'ottica di un dialogo fra valori e che resiste ad una stabile definizione consensuale. Concerne anche il modo di operare sulla situazione corrente e su quella a venire, rientrando quindi nella sfera d'azione della politica. Un'ulteriore difficoltà ad una definizione universale sta nel fatto che le tecniche per veicolare la sostenibilità varieranno a seconda della particolare situazione considerata.

Storia

Con il movimento ambientalista negli anni '60, annunciato dal libro Silent Spring (1962) di Rachel Carson e corroborato dalla ricerca Rapporto sui limiti dello sviluppo (1972) del Think tank chiamato Club di Roma, ci fu una presa di coscienza che l'utilizzo umano delle risorse naturali stava raggiungendo il limite e che questa tendenza, piuttosto che diminuire, stava raggiungendo un livello di allarme. L'interesse internazionale sopra lo sviluppo globale, fortemente connesso allo stato di salute e di povertà dei paesi in via di sviluppo, risultò evidente nel programma di sviluppo sostenibile stilato dall'ONU. Ciò non è sempre stato appoggiato dal movimento ambientalista.
Negli anni '70, mentre i paesi industrializzati consideravano gli effetti dell'esplosione dell'incremento demografico globale, inquinamento e consumismo, i PVS fronteggiarono continue situazioni di povertà e privazioni, considerarono lo sviluppo come essenziale - per sopperire alle loro necessità di cibo, acqua potabile e tetti. La "Conferenza sull'Ambiente Umano" delle Nazioni Unite del 1972, che si tenne a Stoccolma, fu la prima importante conferenza indetta dall'ONU riguardo a tale questione e segnò l'inizio della cooperazione internazionale in politiche e strategie per lo sviluppo ambientale. Nel 1980 l' "Unione Internazionale per la Conservazione della Natura" pubblicò il suo influente documento "Strategie per la Conservazione del Mondo", seguito nel 1982 dalla "Carta per la Natura", che richiamò l'attenzione sul declino dell'ecosistema globale. Tenendo in considerazione le differenze di priorità fra i G20 ed i PVS, la Commissione mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (la Commissione Brundtland) lavorò per due anni per provare a risolvere l'apparente conflitto fra tutela dell'ambiente e sviluppo. La commissione giunse alla conclusione che l'approccio allo sviluppo avrebbe dovuto mutare e divenire sostenibile: dando così vita alla definizione di sostenibilità sopracitata.
Voci correlate

Architettura a basso impatto
Ecosostenibilità
Sviluppo sostenibile
Rapporto sui limiti dello sviluppo

TRATTO DA http://it.wikipedia.org